L’espropriazione per pubblica utilità consiste nell’acquisizione coattiva alla mano pubblica o privata della proprietà immobiliare o di altri diritti su beni immobili, per il perseguimento di un fine di interesse generale che di solito consiste nella realizzazione di un’opera pubblica o aperta al pubblico. L’istituto è previsto dall’art. 42 Cost. e concretamente disciplinato, a partire dal 30.06.2003, dal testo unico approvato con d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327. Il proprietario che subisce un esproprio ha diritto di percepire un’indennità, che oggi tende nella quasi totalità dei casi al valore venale del bene espropriato. L’indennità è determinata dalla pubblica autorità secondo le regole del testo unico e può essere contestata dinnanzi alla Corte d’Appello competente per territorio. La legittimità dell’acquisizione è condizionata al rispetto della procedura espropriativa: tuttavia, anche laddove la procedura sia violata dall’autorità procedente, in presenza delle condizioni di cui all’art. 42-bis d.P.R. 327/2001 può essere comunque disposta l’acquisizione coattiva (c.d. “sanante”) del bene trasformato (cfr. Marco Antoniol «L’art. 42-bis d.P.R. 327/2001 – la nuova acquisizione coattiva sanante», Exeo Edizioni, Padova, 2011 e Marco Antoniol, «Acquisizione ex art. 42-bis d.P.R. 327/2001: l’indennità – la contropartita monetaria dell’acquisizione coattiva sanante» Exeo Edizioni, Padova, 2020).